quarta-feira, 16 de junho de 2010

Le fonti creative di Ernesto Rodrigues

Ernesto Rodrigues (1959) è senza dubbio uno dei più interessanti violinisti della scena sperimentale ed elettronica portoghese. Insieme al figlio violoncellista Guilherme Rodrigues (1988) dà vita ad una delle collaborazioni famigliari più creative della musica europea [per credere, basta dare un'occhiata veloce al New Thing Nonet video (Youtube)].

Rodrigues "senior" è attivo oramai da molti decenni nell'avanguardia portoghese. Ha studiato musica micro-tonale ed elaborato interessanti tecniche per alterare la struttura fisica degli strumenti ad arco che suona. Come violinista/violista, ha sempre rivolto grande attenzione alla musica improvvisata e alla nuova musica, riservando una certa attenzione anche per le "graphic scores" di Gerhard Stäbler, Nikolaus Gerszewski e Phil Niblock, tanto da elaborare egli stesso partiture di una certa originalità grafica. Ha studiato musica contemporanea con importanti compositori portoghesi quali Eurico Carrapatoso, Emmanuel Nunes e Pedro M. Rocha e ha suonato in numerose formazioni ed ensemble d'avanguardia di Lisbona prima di affacciarsi alla scena contemporanea europea in cui è attivo ormai da oltre un decennio.
Attento conoscitore (e consumatore) di musica contemporanea, attratto da sempre da quella elettronica - che ha profondamente influenzato il suo stile - Ernesto Rodrigues ha lavorato a lungo sul proprio strumento, focalizzandosi su alcuni elementi sonori e micro-testuali che caratterizzano il suo modo di utilizzare il violino e/o la viola. Rumori e silenzio costituiscono parte integrante delle sue composizioni. Nel 2000 ha fondato la Variable Geometry Orchestra, un grande ensemble dove la conduzione viene operata dal bilanciamento di masse sonore che viaggiano nello spazio acustico, gestendo la costruzione delle stesse in "realtime" e lavorando così sia su specifici strumenti, che sul gruppo nella sua interezza. Rodrigues fa parte di diverse formazioni attive nell'improvvisazione free, come spalla e leader di vari gruppi, ha scritto anche musiche per la danza, cinema, video e performance. Il suo interesse principale è ora la musica contemporanea, composta e improvvisata. Nel 1999 ha fondato la Creative Sources Recordings [clicca qui per leggere un profilo della label], interessante etichetta dedita alla musica sperimentale ed elettro-acustica di ormai fondamentale importanza nel panorama contemporaneo europeo. Avendolo conosciuto come direttore di Creative Sources da questa siamo partiti per la presente intervista.

All About Jazz: Hai suonato il violino per trent'anni, durante i quali hai eseguito ogni tipo di musica. In seguito hai spostato la tua attenzione sulla musica contemporanea [improvvisata e composta]. Con un background così ricco, perché e in che momento della tua vita hai scelto di dare vita ad una etichetta e hai intrapreso la carriera di direttore artistico?

Ernesto Rodriguez: Prima di tutto era un mio vecchio sogno quello di avere un'etichetta per realizzare una musica che mi piacesse, che fosse mia o di altre persone i cui lavori mi piacevano. Volevo farla sentire e mostrare cosa davvero mi piace del fare musica. Decisi di crearne quando per ragioni artistiche volevo realizzare la mia musica, ma non riuscivo a trovare un'etichetta che avesse l'estetica che avevo. Sono diventato direttore artistico per ragioni contingenti, non mi vedo infatti come uno di quei classici "capi". Dei lavori che la gente mi manda, scelgo cosa sento vicino. Nella Creative Sources ci sono oramai direttrici musicali solide e congruenti.

AAJ: Quando hai cominciato a suonare, cosa ti ha inizialmente indirizzato all'improvvisazione, all'elettronica e alla musica creativa? Le stesse motivazioni continuano a spingerti ancor oggi?

E.R.: Le ragioni sono praticamente le stesse di quelle che avevo all'inizio, anche se oggi le cose che stanno dietro la nuova improvvisazione/elettronica sono molto diverse, perchè arrivano dalla realtà e questo cambia abbastanza la questione. Tutta l'arte è oggigiorno influenzata dal contesto in cui si trova. L'improvvisazione, perlomeno quella acustica, si muove in territori che sono sempre più vicini alla contemporanea/elettro-acustica e alla materia elettronica in termini di processi e pensiero, anche se si scosta dalle loro iniziali condizioni ed è maggiormente in relazione alla musica free.

AAJ: Senti di aver ricevuto qualcosa dal tuo lavoro con altri musicisti e da quello di produttore?

E.R.: Certamente le influenze sul mio lavoro vanno in entrambe le direzioni. Nella musica (come in altre arti) penso che la cosa più importante sia partecipare alla creazione di un oggetto musicale, sia esso fatto in studio o live. Puoi dare e ricevere, si è parte di una catena di eventi e tutto nasce da questa. È un processo che non puoi controllare; è un modo naturale di creazione condividere idee per lavorare con altri per un obiettivo comune.

AAJ: Il tuo lavoro è essenzialmente elettro-acustico. Che cosa significa questo termine oggi e, in particolare, che significato ha per te?

E.R.: Il mio lavoro è solo in parte elettro-acustico, nonostante questo tipo di musica mi interessi davvero molto. Il suo significato è cambiato oggi, poiché i processi e le sue applicazioni sono molto diverse da quelle del passato. Oggi c'è maggior controllo e precisione, la sonic palette expanded e portability sono fattori che ne consentono un uso sempre più diffuso e generalizzato. L'espressività si raggiunge con facilità. Puoi avere musicisti elettronici che suonano in un set acustico allontanandosi dallo scopo della musica nei termini di ricchezza sonora...

AAJ: So che hai una grande ammirazione per Emmanuel Nunes. Puoi presentare il suo lavoro e la sua personalità, chiarendo perchè è così importante per te?

E.R.: E' stata una cosa particolarmente rilevante per la mia vita: Emmanuel Nunes è un compositore ed io sono un improvvisatore, anche se considero l'improvvisazione come una composizione in tempo reale e devo davvero ringraziare lui per questo. Il lavoro di Emmanuel è intimamente connesso al pensiero matematico e lui ha avuto la genialità di articolare la matematica con l'espressione musicale dando vita ad una musica che è fresca. Questa musica riflette la sua meravigliosa condizione umana, umile ma con una visione straordinaria, che è la sintesi di un essere umano straordinario.

Come puoi capire dalle mie parole, Nunes mi ha influenzato profondamente, il modo in cui mi ha portato a pensare la musica mi ha dato una struttura solida per affrontare l'imponderabile con maggiore sicurezza!

AAJ: Quali software usi nel tuo lavoro?

E.R.: Dipende dal progetto o dalla situazione in cui mi trovo. Per mixare e masterizzare un cd, normalmente opto per Logic Pro (da tempo sono un "mac guy"); per progetti multi-traccia, registro in uno studio professionale live con altri musicisti, come fossi in concerto, e porto il materiale registrato nell'HD portatile nel mio studio a casa, dove, per la masterizzazione finale uso Bias Peak. Per progetti artistici uso Cycling74 MaxMsp, anche se alcuni "patches" sono miei, altri in studio o live per ulteriori manipolazioni sonore. Per comporre e la notazione uso NoteAbility Pro.

AAJ: Credi che una label come la tua sia anche "politica"? Se sì, in che senso?

E.R.: Certamente che lo è. I tipi di musica che realizziamo hanno sempre un fondamento politico, prima di tutto, perchè sono fuori dalle note categorie di musica commerciale e dal marketing; inoltre non sono soggette alle logiche dei media, sopravvivono spesso in situazioni di "ghetto," con un pubblico in crescita, ma non abbastanza da ottenre l'attenzione generale che meriterebbero. E' musica poi fatta da musicisti che prestano attenzione al dettaglio, non si tratta di prodotti da consumare in fretta e da gettare via. Persistono nel tempo, mettono in evidenza delle questioni sulla nostra società, siano esse sociali o politiche, spesso in forma più schietta, altre con significati astratti e con punti di vista sottili.
In passato questi tipi di musica (jazz, new thing) sono sempre stati usati per riflettere sulla società, come vere e proprie forme d'arte...

AAJ: Sono convinta che una label ha molto a che fare con la memoria - anche se non in una forma diretta. Grazie ad alcune label abbiamo memoria di sorprendenti esperienze musicali che (fortunatamente!) non sono scomparse senza lasciar tracce! In qualche modo una label ha la funzione di memoria collettiva (una sorta di biblioteca sonora). Cosa ne pensi della questione?

E.R.: Hai perfettamente ragione! In qualche modo raccogliamo pezzi e stimoli di un più grande mosaico sulla nostra storia ed espressione, li categorizziamo e ordiniamo per le generazioni future per imparare (ascoltare) con essi. La storia del jazz è diventata cpsì per questo, molta gente oggigiorno conosce come i musicisti si esprimono loro stessi attraverso le registrazioni, più che la sua eredità scritta...

AAJ: Come sei entrato in contatto con gli artisti italiani Bosetti, Rocchetti, Fhievel, Sigurtà, è recentemente con Luca Mauri? Conosci la scena sperimentale italiana?

E.R.: Conoscevo già il lavoro di Bosetti (che mi piaceva molto), e penso che gli altri ragazzi abbiano seguito le tracce di Bosetti. Creative Sources è diventata "forte" in Italia (almeno da quel che dice la gente) e che la scena italiana sia peculiare e interessante. Recentemente abbiamo realizzato dei lavori di Roberto Fega, Dario Sanfilippo, Giampaolo Verga e ARG (Graziano Lella) che sono tutti nomi promettenti.
Gli Italiani hanno buoni musicisti e compositori di musica nuova molto importanti, per fare solo alcuni nomi cito Luigi Nono, Luciano Berio, Giacinto Scelsi, Salvatore Sciarrino. Costoro sono stati lungimiranti nel pensiero musicali già nei primi anni del XX secolo. Pertanto è naturale con una tale tradizione che sarebbero emersi nuovi valori...

AAJ: La musica elettronica è stata la prima influenza nel tuo modo di suonare il violino. Sono curiosa di sapere se hai modificato nel corso del tempo il tuo modo di suonare e in che modo?

E.R.: Mi avvicino sempre più al lato testuale e timbrico del violino, al suo corpo e a come è stato costruito, alla sua acustica, mettendo sempre meno note suonando...

AAJ: Ho letto che sei un fervido collezionista musicale. È ancora una passione, o, con il crescere dell'etichetta, è diventato in qualche modo anche un lavoro?

E.R.: Entrambe le cose sono vere: continuo a collezionare musica accanto al lavoro nell'etichetta. Non è un lavoro, ma sempre un piacere. A me piace davvero la musica...

AAJ: Che cosa ascolti e leggi abitualmente? Puoi segnalarci alcuni libri, film e cd che consideri importanti per capire la situazione presente?

E.R.: Per quanto concerne il cinema, apprezzo molto Sokurov, Syberberg, Straub e Tarkovski. Questi sono forse i miei "poeti dell'immagine" preferiti. Quanto ai libri, devo aggiungere Brodsky, un autore che mi aiuta ad andare ancor più nel profondo dell'esistenza. Quanto alla musica, è molto difficile per me nominare un solo autore rtra le centinaia, anche se Lachenmann è quello che vorrei scegliere. Francesca Bellino (All About Jazz)

ERNESTO RODRIGUES


L'immagine che meglio riassume la produzione dell'etichetta portoghese Creative Sources Records, fondata da Ernesto Rodrigues [di cui puoi leggere l'intervista], è quella di un patchwork di cover in crescendo. Nella home page del sito Creative Sources Rodrigues ha, infatti, riprodotto un vero e proprio tabulato di immagini in continuo aggiornamento, che racchiudono le sue ed altrui storie di incontri e collaborazioni musicali, rimandando a visioni, poetiche ed estestiche diverse tra loro e rivelando al contempo una pregevole ed inedita sezione della musica di ricerca o d'arte europea.
Ogni lavoro pubblicato - e ad oggi sono più centosettanta - da Creative Sources è un pezzo che va collocato in quel tutto [universale] che minuziosamente sta costruendo da anni Ernesto Rodrigues per delineare le "fonti" creative della musica elettro-acustica/d'avanguardia/d'improvvisazione portoghese, ma non solo. Il progetto di Rodrigues, sopraffine violinista, ma anche energico promotore di musiche altrui, è la sostanza dell'arte dell'intreccio dei suoni e non può essere scollegato da Creative Sources.
Nell'articolo che segue ne ripercorriamo alcune tappe, per noi significative, soffermandoci sulle più recenti pubblicazioni. Punto di partenza dell'etichetta Creative Sources sono state due registrazioni effettuate insieme al figlio violoncellista Guilherme (che all'occasione suona una tromba tascabile) e il percussionista, artista visivo (Fluxus), José Oliveira, che rappresentano due opposte, ma continuamente accostate tendenze sia di Rodrigues in primis che della musica da lui prodotta in secondo luogo. Da una parte Multiples (2001), una strabiliante sessione d'improvvisazione free, rappresenta una tensione constante al confronto con altri musicisti, in formazioni variabili, con modalità proprie dell'improvvisazione free, specie quella europea (addizionata di una forte componente elettronica); dall'altra il doppio cdr Musique de Chambre (1999) rappresenta un sempre rinnovato interesse per la musica composta, eseguita con modalità e ricercatezze proprie di quella da camera. Ma quali sono i suoni che caratterizzano l'etichetta portoghese Creative Sources? Che cosa, nonostante la sua posizione geografica sia ai confini dell'Europa, la rende, in fondo, così continentale?
Difficile trovare una sola risposta. Forse è la sua stessa poetica e quell'estetica costruita inizialmente e perseguita con tenacia poi da Rodrigues a rendere il profilo della musica che produce così profondamente pregno di storia continentale. Le molte collaborazioni con l'area mitteleuropea non sono casuali e nel patchwork generale incidono parecchio, più forse di sonorità (che ci aspetteremmo) caratterizzanti l'area portoghese.
Non mi pare un caso nemmeno che per molti anni Creative Sources abbia prodotto registrazioni di "(micro)ensemble," che pur avendo una solida appartenza ai suoni dell'elettro-acustica o dell'impro free, hanno inciso poche studiate, minimali, tracce come se si trattasse di vera e propria musica da camera. In tali registrazioni la componente elettronica risulta sempre e assolutamente equiparabile a quella acustica. Il recente TonArtEnsemble (2010) dell'omonimo ensemble con l'elettronico e sintetizzatore Robert Klammer ad accompagnare una larga formzazione "teutonica" con Rodrigues è davvero un bell'esempio. Più nel dettaglio però mi pare che la componente elettronica riesca a prevalere solo quando il progetto tende di natura al vero free e si spinge fino a forme d'improvvisazione con pezzi e parti poco strutturate. Un esempio di un certo interesse è Speak Easy dei Backhats (2009), un progetto di fattura tedesca che ruota attorno alle voci e ha visto coinvolti i vocalist Ute Wassermann e Phil Minton, affiancati dal "sintetizzatore" Thomas Lehn e dal percussionista Martin Blume. Caso "estremo," infine, di questa tendenza è il recentissimo .next (2010) con ben tre laptop-isti - Jeff Carey, Robert van Heumen e Bas van Koolwijk - in assetto impro/compositivo. Emblema di una certa poetica di Creative Sources è senza dubbio un gusto profondamente insito in Rodrigues che, come si diceva, riserva uguale attenzione ai due "fondamenti," elettronica ed acustica degli strumenti, mostrando a tratti una sorta di andatura unica nel loro uso e bilanciamento. È evidente, infatti, che Rodrigues pensa in una "forma elettro-acustica" (unica e totalizzante) ed è per questo forse che la sua musica ha un impatto tanto forte, anche in termini di gradevolezza sonora (non stride come certa elettonica...). timelines los angeles (2009) - con Olivia Block al piano preparato e Ulrich Krieger al sassofono, accompagnati da quel mostro sacro di Jason Kahn e Mark Trayle - è la registrazione che davvero esemplifica questa idea di composizione/esecuzione live processing dove acustica ed elettronica svolgono uguale funzione. Rodrigues è inarrivabile e straordinario nel suo far uso dell'elettronica (dentro e con lo strumento che suona, quasi fosse un tutt'uno), rinunciandovi subito se accompagnato dal suo fido sperimentatore elettronico (una "costante" in Creative Sources) Carlos Santos. Con Santos infatti la musica cambia e Rodrigues lavora soprattutto di tecnica e di cesello, lasciandosi ad un maggior gusto per le forme sonore. Si veda in tal senso il bellissimo Vinter (2010). Per soffermarsi sulle più recenti produzioni di Rodrigues, May there be... (2008), Eterno Ritorno (2009) e Twrf Neus Ciglau (2009) sono altri tre lavori degni di nota. May there be... è di particolare bellezza: presenta nove improvvisazioni corte, da leggersi come una suite, con melodie ritornanti, forte attenzione ai noir, con intrecci di corde tra violino, violoncello e interno del piano (Padro Rebelo) e di fiati (Franziska Schroeder al sassofono). Nel catalogo rivestono poi una certa importanza anche le incisioni in solo, dove chiaramente è centrale l'aspetto acustico e di ricerca sonora sullo strumento. Anche qui, soffermandoci solo sulle novità, vanno segnalati Materials (2009) del fisarmonicista Jonas Kocher, il bellissimo cellos (2010) dei due violoncellisti Ulrich Mitzlaff e Miguel Mira, Ink on paper (2009) del contrabbassista Mike Majkowski e halbzeit (2009) del clarinettista Markus Eichenberger. In questa registrazioni, tutte di grande impatto e di matrice continentale, è centrale la ricerca e la sperimentazione del musicista dedito, va detto, ad un progetto che risulta profondamente personale e intimo. In questa dimensione, anche di una certa raffinatezza e ricercatezza, si riaffacciano quindi i due "fondamenti" della sperimentazione e della ricerca acustica, in una chiave pienamente "da camera". A margine vanno infine segnalati i progetti degli italiani presenti nel catalogo Creative Sources. fadensonnen (2008) del violinista Giampaolo Verga è un lavoro davvero particolare, di musica elettronica "spaziale". I concretismi e le destrutturazioni musicali di Graziano Lella, in animali (2008), irrorano di inquitudine lo spazio sonoro. Between Love and Hate dell'attuale chitarrista degli I/o Luca Mauri è il suo dirompente album di debutto, un crash di suoni per chitarra, piatti e editing digitale. Francesca Bellino (All About Jazz)

Ernesto Rodrigues es sin lugar a duda el violinista más interesante de Lisboa, con una creciente presencia en la escena internacional. Nos visitó hace años para tocar en el festival ¡ESCUCHA! y nos complace enormemente su vuelta, esta vez en compañía de Neil Davidson, un sorprendente guitarrista escocés con el que lleva colaborando ya tres años. Juntos, han grabado dos discos, ambos muy bien recibidos por la crítica. No perdamos, pues, esta oportunidad de escuchar un diálogo inteligente, maduro y siempre fresco entre dos músicos que casi nunca tenemos la suerte de ver en vivo en Madrid. Wade Matthews



[...] Para o encerramento do Sonic Scope 2009 ficou guardada a Variable Geometry Orchestra, a orquestra “all-star” da improvisação lusa, liderada e “conduzida” pelo violinista Ernesto Rodrigues. Cada vez mais moderada, mais controlada, a orquestra VGO deixou de ser um bicho selvagem para se tornar num animal parcialmente domesticado. Longe vão os tempos em que as actuações consistiam em erupções enérgicas do tipo “vai-acima-vai-abaixo”. Agora a música obedece às regras bem definidas do maestro Rodrigues: Ernesto controla o ritmo, controla a entrada e saída de cada secção, distribui funções por cada músico, esforça-se por manter o equilíbrio possível num grupo que incorpora técnicas e linguagens muito distintas entre si. Se por um lado se perdeu alguma daquela energia inicial, por outro lado passou a ficar em evidência o trabalho de detalhe de cada músico – e a vintena de músicos que actuou no Maria Matos não poupou nos pormenores individuais. Nesta actuação no Sonic Scope a secção das electrónicas (que contou com o convidado internacional Wade Matthews, de passagem por Lisboa) foi vítima de um volume demasiado elevado, mas de resto a música viveu numa saudável contenção. Numa tentativa de encontrar paralelismos poderíamos invocar as formações “Cobra” de Zorn, as conduções de Butch Morris ou o ensemble electro-acústico de Evan Parker, mas esta VGO distingue-se por uma criar uma atmosfera especial. É difícil explicar, talvez só assistindo a uma actuação ao vivo ou ouvindo o triplo-álbum Stills se consiga perceber (ou sentir) a alquimia desta música. Nuno Catarino (Bodyspace)

What began in 2001 as a recording outlet for a group of Lisbon improvisers has in less than a decade grown to a CD catalogue of more than 170 releases with an emphasis on fresh, innovative sounds. Under the direction of violist Ernesto Rodrigues, every month or so Creative Sources (CS) Recordings releases two or three CDs from committed international musicians. “Creative Sources is musician-run for musicians,” declares Rodrigues. “We’re not here for the money, but for the art”.
“We deal with certain kinds of music, like ‘near silence’, lowercase, electro-acoustic, new improv, and some post-Free-Jazz. The musicians involved are mostly young, with new approaches to improv and composition, silent stuff and texturized sound, usually from the manipulation of the instrument, few notes, and extended techniques.”
CS welcomes demos showcasing what Rodrigues describes as “strong stuff, clear and focused – or even if the process is interesting musically and worth hearing.” Deciding to release the session, he asks musicians to supply audio masters then the violist and Carlos Santos, a graphic designer and computer musician, design the package, perform sound adjustments, have 500 copies pressed and distribute them. In exchange for supplying half the funds, the players receive about 300 CDs they sell themselves, while CS markets the rest.
CS’s international focus developed with its ninth release, No Furniture (Creative Sources CS 009 CD) by Berliners, trumpeter Axel Dörner, clarinetist Kai Fagaschinski and Boris Baltschun on sampler. CS already had a Web presence and had received good reviews for its first releases. “They (the Germans) heard and enjoyed our work and approached us about their session. We liked the music, which was in the same range as ours, so we had the chance to augment the catalogue. We established ourselves as a label that cares about this kind of music and promotes it. From then on we started to receive lots of demos from around the world for release… We refuse a lot of them,” admits Rodrigues.
Although some players on our roster put out discs on other labels, others do not. “Musicians with known credits that have some works in this kind of structure approach CS, in spite of having very different work on other labels,” he adds.
Recently for instance Goldstripe (Creative Sources CS 121 CD), showcased Bay area laptop and electronics-manipulator Mark Trayle’s lively and unsettling static-undulating drone compositions and improvisations using data read from the magnetic stripes of credit and bank cards. On the acoustic side, Swiss pianist Jacques Demierre’s One is Land (Creative Sources CS 131 CD) concentrates on high-frequency, subterranean sound waves wrenched from the instrument’s soundboard by pounding its lowest-pitched keys amplified with pedal-power. Sureau (Creative Sources CS 112 CD) is a rare example of the expressive vocal gymnastics of Brussels-based Jean-Michel Van Scouwburg, backed by percussionist Kris Vanderstraeteen and bassist Jean Demey.
An earlier notable example of New chamber music is On Creative Sources (Hail Satan) (Creative Sources CS 093), from Spanish bass clarinetist Carlos Galvez Taroncher, German pianist Magda Maydas, Dutch bassist Koen Nutters and Norwegian drummer Morton Olsen. This trans-European admixture, exhibits the spacey tonal rotation and sudden introduction of extended timbres that relate to jazz-improv as well as notation.
CS was also one of the first labels to expose some local experimentalists internationally. Abu Tarek (Creative Sources CS 025 CD) for instance, documents the unique choked and splintered brass excavations of Lebanese trumpeter Mazen Kerbaj, in the company of fellow micro-tonalist, Austrian trumpeter Franz Hautzinger. Absence (Creative Sources CS 034 CD) showcased the tremolo tongue rhythms, percussive vibrations and dramatic pauses of Argentineans, trumpeter Leonel Kaplan and percussionist Diego Chamy in a trio with Dörner. Meanwhile Metz (Creative Sources CS 015 CD) is unstructured Free Music from France that used acoustic strings and reeds to expose what sound like synthesizer wave forms. The experimenters in 2003 were clarinetist Xavier Charles, tenor saxophonist Bertrand Denzler, pianist Frédéric Blondy, violinist Mathieu Werchowski and guitarist Jean-Sébastian Mariage.
Closer to its home, Stills by the Variable Geometry Orchestra (Creative Sources 100 CD) is a three-CD set featuring 46 participants in the Lisbon free music scene in large ensembles. With Rodrigues playing and “conduction-ating” the detailed, multi-shaded polyphony balances orchestral integration with solo permutations. Included are players such as cellist Guilherme Rodrigues, drummer José Oliveira and Santos, who with the label manager/violist were the core of Lisbon improvisers CS recorded initially. Stills’ layered performances draw on currents of alternating and asymmetrical jazz, rock, folkloric and New music.
As Rodrigues states: “From its creation, every work of art is fragile and needs to be nourished and shown to others, or time will erase it and it will be lost among information going on everywhere. The major labels think about profits, not music and the musicians, or they think about ‘crystallized’ forms of music that do not challenge the listener in new ways.” August 8, 2009.
Ken Waxma n (MusicWorks Issue #104)

Before I post tonight’s mini-reviews of two recent Creative Sources releases I thought I would share a few thoughts on the label that I have had today. CS gets a lot of stick, unlike that received by any other label operating today bar maybe Leo. There seems to be two main threads to the criticism. The first seems to be aimed at CS’s “pay to play” policy of releasing albums. In short, the discs that come out on the label are often (not always) part-funded by the musicians that appear on them, with much larger than normal amounts of the final product going to the musicians for them to sell at gigs, or use as calling cards to try and obtain more paid work. Just this fact alone seems to rile a few people. I have no idea why. As I see it the label remains solvent, the musicians get the benefit of professional advice, support, design etc… and a large number of CDs on a professional label that they can try and eke out a living from. I have no idea what is wrong with that.
More often though the accusation thrown at CS is that the pay-to-play policy results in poor quality control, and that the releases are of low quality, maybe music that could not find a home anywhere else. This attitude of course assumes that there is any quality control applied at all. I am guessing that Ernesto Rodrigues, the label owner does have some input into what gets released and what does not, but maybe he doesn’t. I don’t think anything has ever been said officially on this one way or the other. Either way, poor quality control (If indeed this accusation can be made) does not necessarily mean that all CS releases are below par. Past listening has shown me that in fact this is certainly not the case. There have been some really good ones. As for the releases only really being cast-offs unwanted by other labels well I can only say that of the 150+ Creative Sources releases so far, with around a hundred of them since I began running a label myself, only one of them ever came to me at Cathnor as a demo. What is more I don’t think I ever actually got around to listening to the music in question, so I didn’t even turn it down. So why does CS continue to get unparalleled abuse from people?
Part of the answer lies in the response to another question again - Why did I stop buying and therefore listening to the Creative Sources catalogue in its entirety after the first thirty or so releases? Simply, as a paying customer I could not keep up. Over the past few years the output of the label seems to have risen to some thirty-odd discs a year. Many of the musicians (certainly far from all of them though) are also unknown to me. So why would I spend a lot of money trying to keep pace with that kind of a release schedule when I have no past experience of the musicians involved? In short, there is no reason why I would.
So what I have tended to do over recent years is keep an eye intermittently on the catalogue, and pick up discs every so often that involve musicians I like the work of. It was in fact after putting together a list of half or dozen or so CS discs that had attracted my interest over the last year that I contacted Ernesto to get a price to purchase them. As I had recently spent some time reviewing a couple of CS discs here that had been given to me independently by the musicians he very kindly sent me a large bundle that included the discs I was interested in for free. So now, having not had to pay for them, I can listen to each disc with an unbiased ear and decide for myself if the standard is indeed low or not, and hopefully provide the readers here with some background info with which to make their own decisions.
However, dismissing the label out of hand as a waste of time, without having heard a good portion of the music is misguided, rude and potentially quite arrogant. There seems to be very few commentators out there that have heard the bulk of the catalogue, just a very small handful of reviewers it seems. (this is the first time I have been sent a bundle of discs to review) When I have read extensive writing on large numbers of the releases there seems to be a definite spilt, maybe as high as 50/50 over whether the reviewer in question liked the CDs or not. So why would those that have not heard anything like as many be so damningly critical of the label as a whole? I can fully understand that people do not want to take a 50/50 risk on a purchase, which is why reviews are very important for CS, and I intend to do my bit and write something eventually on every disc I’ve been sent, but just dismissing the label out of hand is misguided in my opinion. Maybe I have been slightly guiltly of this in the past, but as this year has been very much a year of re-evaluation of the musical prejudices I have held it is definitely time to wipe that slate clean and let the music speak for itself. Or not. Time will tell.
Richard Pinnell (The Watchful Ear)

Ich fühl mich fast wie Gimli, als er unter ein Warg, eins dieser hyänenartigen Reittiere der Orks, geraden ist. Nur sind auf mich gewöhnlichen Sterblichen 12 - in Worten: zwölf - weitere CS-Releases (eingepackt in Klopapier!) eingestürzt. Argh! Stinking creature. Argh!. Rigobert Dittmann (Bad Alchemy)
Photo: Ernesto Rodrigues with Birgit Ulher


Although we have never met in person (but it’s not too late), Ernesto Rodrigues and myself share a silent alliance since the very beginning of our reciprocal enterprises, as he’s always been at the forefront of the thousands who were fooled by copious doses of purple prose hiding a total lack of insightfulness. Creative Sources remains one of the top labels of improvisation around, despite 1) constant criticism by people who don’t actually listen to the music and 2) a sometimes overly egalitarian approach in terms of quality control. Isolated scribblers are perennially submerged by records, thus I am in long delay with the recent releases by Ernie’s imprint. Let’s try and fight back in order not to be counted out by the referee while absorbing fusillades of blows to the ears. Massimo Ricci (Temporary Fault)

A primeira surpresa deste concerto foi ver o pequeno auditório da Culturgest praticamente cheio para assistir a um concerto que não é propriamente um registo “easy-listening”. E esta questão torna-se superlativa pelo interesse que esta música nova desperta, cada vez mais, a um número mais alargado de pessoas.
Convém assinalar que não estamos na presença de nomes muito conhecidos do público tradicional do jazz. Ernesto Rodrigues há muito que vem trilhando um caminho que, embora se cruze aqui ou ali com o jazz, estabelece mais pontes de contacto com as novas correntes reducionistas, ou near-silence, como se lhe quiser chamar. Este tipo de música privilegia o espaço entre sons e não valoriza em demasia a melodia. Sons sónicos e texturas convivem em harmonia com os silêncios num registo em que menos, muitas vezes, é mais.
Já Axel Dörner é um nome conhecido do jazz europeu, pois tem tocado com muitas das luminárias do lado de cá do Atlântico, casos De Alexander Von Schlippenbach, Peter Kowald ou Barry Guy, só para citar alguns, mas é igualmente um mestre da música improvisada, de cariz jazzistico e também deste tipo de músicas mais abstractas e complexas.
Christine Sehnaoui é, de todos os músicos em palco, aquela que apresenta um menor “body of work”. Descobriu a música improvisada em finais do século passado e, só a partir daí começou a desenvolver técnicas de improvisação para saxofone alto, num registo de auto-aprendizagem.
Depois de apresentados os músicos, vamos ver como contribuíram para o que foi apresentado em palco; importa referir antes de mais, que conseguiram ajustar em proveito do conjunto as suas personalidades musicais individuais, tendo criado um espectro sonoro claro, evidentemente muito baseado em explorações tímbricas e de som puro, que privilegiaram texturas mais ou menos angulosas e a utilização total das capacidades dos instrumentos que tocam.
Todos os músicos prepararam, aqui e ali, os seus instrumentos, de forma a extrair deles sons que, tocados duma forma escolástica, nunca seria possível ouvir. Mas estas preparações e estes registos não são “vã pirotecnia”, são antes técnicas que permitem fazer uma utilização extensiva dos instrumentos e que em muito enriquecem o espectro sonoro.
Estes três músicos nunca se tinham encontrado enquanto trio, mas revelaram que conhecem bem a linguagem uns dos outros. Foi frequente entender, ao longo do espectáculo, que se estavam a ouvir muito bem. A verdade é que, num palco largo, optaram por tocar juntos no centro e sem qualquer tipo de amplificação, para que houvesse uma percepção total do som de cada um. Ernesto ao centro, não só porque a viola é o menos histriónico dos instrumentos, mas também porque foi ele que, pontualmente, agregou algumas investidas mais “musicais” dos sopradores, voltando à matriz abstracta e sensorial da sua proposta.
Em suma, assistimos a um concerto de absoluta excepção, que juntou três almas musicais distintas mas que se tornaram visceralmente complementares, quer pela capacidade comunicacional impar, quer pela necessária percepção da semiologia que está subjacente ao entendimento de que esta música significa, acima de tudo, afastamento dos gastos ícones da velha música improvisada.
João Pedro Viegas (jazz.pt)

Uma característica em particular, e nesse aspecto diferenciadora das demais que vão surgindo nos mesmos territórios da criação musical, define as propostas de Ernesto Rodrigues: a combinatória dos princípios da improvisação, aplicados em toda a radicalidade das suas implicações, com o enquadramento de um conceito bem definido e articulado. À partida, estes dois âmbitos parecem excluir-se mutuamente, pois o conceptualismo artístico está nos antípodas da espontaneidade e da intuição da música improvisada, mas para o violista português reside precisamente nesse paradoxo o desafio que tem definido o seu percurso. Os títulos dos seus discos funcionam, regra geral, como grelhas de pensamento (alguns exemplos são “23 Exposures”, “Assemblage”, “Contre-Plongée” e “Kinetics”, remetendo-nos, inclusive, para o universo das artes visuais), e em algumas das edições as “liner notes” procuram mesmo circunscrever as coordenadas em que a música “acontece”. O jogo entre as duas dimensões adquire particularidades muito específicas, dado que não se trata de justificar teoricamente o que vamos ouvir, mas de lhe dar aquilo que Ernesto designa por “subjectividade referencial”. [...] Rui Eduardo Paes

[...] Seguiu-se o trio formado por Ernesto Rodrigues (viola), Manuel Mota (guitarra) e José Oliveira (percussão). Embora não tocassem juntos desde o Verão de 2007, este concerto confirmou que a empatia entre estes três músicos se mantém intacta. Trabalhando sobretudo com arco, Ernesto Rodrigues optou por uma abordagem instrumental relativamente “convencional”, recorrendo apenas ocasionalmente à multiplicidade de técnicas extensivas que domina. Ainda assim, não lhe faltaram ideias para estimular os colegas e cativar a atenção do ouvinte. Manuel Mota foi o mais irrequieto dos três, exibindo ao mais alto nível o seu fraseado sinuoso e acidentado, num excelente contraponto às acções de Rodrigues e Oliveira. Este último também se mostrou em boa forma, salientando-se as métricas irregulares com que fez uso do seu kit percussivo, bem como a robustez e heterogeneidade dos seus recursos tímbricos. Foi um concerto que trouxe à memória as primeiras edições da Creative Sources, nomeadamente os discos “Assemblage” e “Dorsal”, ainda que esta actuação de modo algum tenha sido um regresso ao passado. [...] João Aleluia

Oportunidade única para experienciar três nomes sonantes da improvisação contemporânea em conjunto, num diálogo em trio sem memória, revelador de uma grande constância de princípios técnicos e estéticos. Ernesto Rodrigues, nome cimeiro da experimentação portuguesa, conectado principalmente com o violino, apresentar-se-á desta vez em viola, ladeado pelo escocês Neil Davidson em guitarra acústica e pelo japonês Nobuyasu Furuya em flauta, clarinete baixo e saxofone tenor. ZDB Muzique

[...] It reminds me considerably of the Portugese Creative Sources label, really understated slow moving but sonically fascinating improvisations. More and more I find this music something like a wooly (and often erratic) blanket that I can wrap myself up in while I'm cataloging CDs late at night.
Looks like MASS has ended for the night, so no doubt it's time to take a break.
Phil Zampino

Ernesto Rodrigues, Christine Sehnaoui, e Axel Dörner, ao vivo na Culturgest, em Lisboa. Sexta-feira, 31 de Outubro de 2008. A história de cada músico é conhecida pelo menos de quem segue com atenção o que se passa na Europa nesta área musical. Têm associados percursos individuais de aprendizagem, assimilação e libertação dos padrões e clichés da música improvisada, tal como o género se foi afirmando ao longo das últimas décadas. É esse o resultado do investimento naquilo que constitui factor de diferenciação: o trabalho minucioso e idiossincrático sobre as propriedades do som enquanto matéria-prima essencial, com particular incidência nos aspectos tímbricos e texturais de um género que assume a sua condição marcadamente não-idiomática. Eis o que se pode em termos actuais designar por moderna improvisação livre, que se encontra umas vezes imersa num estilo para-reducionista, em que o que se pretende é que menos por menos dê mais; outras procurando afirmar-se na permanente reelaboração do processo criativo, cujo valor final acabe por exceder o conjunto das contribuições de cada interveniente. Foram estes os vectores dominantes no concerto da Culturgest. Nessa medida, Rodrigues, Dörner e Sehnaoui deram a ouvir uma música essencialmente sinergética, na qual três subsistemas sonoros de elevada complexidade concretizaram uma tarefa que, sendo una, acabou por ser superior ao somatório das partes. Tenha-se bem presente que os três músicos, individual ou colectivamente considerados, transcendem quaisquer barreiras estéticas ou geográficas dentro da música improvisada, tal como se conhece desde há 40 anos. A multiplicidade de contextos em que têm trabalhado, juntos ou em separado – mas nunca neste trio – as tonalidade escolhidas e propostas, as sólidas bases comunicacionais, o conhecimento das técnicas dos respectivos instrumentos, a que somam outras por si inventadas, sobretudo na periferia física dos objectos produtores de som, criaram as bases para a exploração do catálogo sonoro para além dos limites que os próprios conhecem. Rodrigues, Dörner e Sehnaoui comunicaram de modo intuitivo na mesma língua franca, com sensibilidade e inteligência, exibindo um léxico rico e variado nas formas e nos modos de tratamento de cada situação. Admiráveis foram as trocas de sinais através de sinapses criadas no instante, que potenciaram o bom entendimento tripartido, através de afirmações, interjeições, sobreposições, aditamentos e outras maneiras de acrescentar complementaridade, mesmo quando a opção passava por ficar de fora num dado momento, a assistir, como o público, ao nascimento da próxima escultura sonora. E assim se esteve deliciosamente durante perto de uma hora a ouvir um set único, totalmente acústico, tocado numa sala que tem excelentes condições para a prática da modalidade, quer em termos de forma e dimensão, quer quanto às propriedades acústicas, o que permitiu perceber toda a actividade, do som em bloco até à partícula mais delicada e de menor volume. Se ainda não ficou claro, afirmo agora que o trio Rodrigues, Dörner e Sehnaoui, mercê da inspiração e do alto nível comunicacional dos participantes, ofereceu um recital primoroso, lírico e luxuriante no seu minimalismo. Boa notícia: o concerto foi gravado por Carlos Santos e é provável que venha a ter edição na Creative Sources Recordings. Eduardo Chagas

[...] Portugal's ever-interesting and understated label Creative Sources continues its prolific run with three new releases. This set presents players lesser-known internationally, but label owner Ernesto's Rodrigues' ears continue to be selective and unerring in his ability to find players with new sounds to say in unusual ways. My personal favorite of the set is the excellent percussive duo of Wolfgang Schliemann and Michael Vorveld, who find new ways to hit, strike, bow, scratch, plug and throw their instruments in fascinating ways. [...] Phil Zampino

O violinista Ernesto Rodrigues tem um percurso de várias décadas na música improvisada em Portugal com participações em inúmeros concertos e festivais no estrangeiro, dedicados principalmente a uma estética reducionista também apelidada de near silence. Os seus interesses têm-se dividido entre a música contemporânea composta e improvisada. Enquanto autor foca-se principalmente nos elementos sónicos e texturais da música, por vezes mais próximo do free jazz, outras num contexto não idiomático muitas vezes apelidado de novas músicas. A música electrónica é uma influência forte no modo como aborda o violino. Fez música para dança, cinema e vídeo e lançou em 1999 a editora Creative Sources, uma das mais importantes a nível mundial no campo da música experimental e electro-acústica. No concerto desta noite troca o violino pela viola de arco. Pedro Costa

[...] Seguiu-se aquela que era, à partida, uma das propostas que maior expectativa gerava, o quinteto do violista Ernesto Rodrigues, com que contou com as presenças de Rhodri Davies na harpa electrónica e de Stéphane Rives no saxofone soprano, para além de Guilherme Rodrigues (violoncelo) e Carlos Santos (laptop). A música muito abstracta do quinteto criou momentos deveras interessantes, não obstante o facto de ser a primeira vez que os 5 músicos se apresentavam em conjunto. O concerto acabou algo abruptamente, ficando a ideia de que algum elo da cadeia improvisacional se terá quebrado… [...] António Branco

Ernesto Rodrigues Quinteto, programado para a tarde (19h00) de dia 12.07.2008, no Pequeno Auditório do Centro Cultural de Belém, em Lisboa, no âmbito do festival Música Portuguesa Hoje. Com Ernesto Rodrigues, em viola, o libanês Stéphane Rives, em saxofone soprano, o galês Rhodri Davies, em harpa eléctrica e electrónica, Guilherme Rodrigues, violoncelo, e Carlos Santos, computador. Muito suavemente, do impulso inicial passou-se a uma cadência lenta, cordas eléctricas e acústicas, sopro e electrónica em murmúrio descontínuo, alternado com breves, muito ligeiras, altercações, a pôr em relevo o carácter rendilhado da peça única que compôs o set, sempre mais variado nos timbres que nas dinâmicas. A partir do primeiro quarto, a sessão evoluiu por sobre a camada electrónica de fundo, trama sobre a qual se foram dispondo os outros elementos sonoros de modo esparso, micro-eventos em que preponderaram os cordofones acústicos. A música do grupo, que tocou junto pela primeira vez, salvo três quintos (Rodrigues, Rodrigues e Santos) que há anos se desdobram nas mais variadas formas e contextos, mostrou-se tributária das formas de improvisação moderna que primam por fomentar menor actividade sonora, fazendo uso de elementos acústicos de maneira sóbria e elegante. Com uma ou outra hesitação e indecisão geral, e em particular de Davies e Rives, por opção própria mais ausentes que presentes na panorâmica, tempo houve para deixar cada som nascer e desenvolver-se no espaço, lentamente, procurando o momento e o local certeiro para provocar a imaginação e deixar fluir as emoções, como feixes de luz a tremeluzir no escuro. Música intrinsecamente tensa apesar da enganadora serenidade, cheia de momentos interessantes para quem aprecia a atonalidade, a dissonância e o convencionalismo próprio da improvisação livre, em parte graças ao intercâmbio gerado instantaneamente, noutra parte pelo facto de os músicos terem sabido ouvir-se entre si, sabedores de que neste tipo improvisação de câmara tão importante é a decisão de intervir como a de ficar de fora num determinado momento. Eduardo Chagas

Com um percurso de décadas feito no cruzamento da música erudita contemporânea e do free jazz, o nome de Ernesto Rodrigues ficaria associado às novas tendências da livre-improvisação que emergiram na Europa (com centros nevrálgicos na Alemanha, na Áustria, em França, na Grã-Bretanha e em Portugal), nos Estados Unidos, no Canadá, no Japão e na Austrália. Às novas propostas surgidas chamou-se genericamente de reducionismo, pelo facto de cultivarem a proximidade do silêncio, mas também por trocarem a lógica do fraseado pela construção de texturas e por utilizarem os instrumentos fora dos tradicionais conceitos de escala. A música electrónica é uma influência forte no modo como Rodrigues aborda a viola e o violino, cortando radicalmente com os modelos que nos chegam do romantismo. Fez música para dança, cinema e vídeo e lançou em 1999 a muito bem sucedida editora Creative Sources, uma das mais importantes “labels” de música experimental, electro-acústica e improvisada a nível mundial, com mais de 100 títulos editados e uma entusiástica receptividade por parte da crítica internacional. Rui Eduardo Paes

Ernesto Rodrigues (violino, viola) dá largas ao seu fascínio pela complexidade da microscopia sonora, e por tudo o que está para lá do som convencional. Importa-lhe a redefinição, pela via da improvisação e da experimentação sonora, do papel dos instrumentos acústicos, do seu próprio conceito e daquilo que se conhece como resultante possível da execução instrumental.
Inomináveis possibilidades sonoras são-nos propostas para funcionar em diferentes planos e contextos, texturas granulares, atrito, afagamento de superfícies planas e rugosas, distensão, focagem próxima do objecto, eco, revisão, distância e refocagem – expressionismo, pontilhismo, nuance delicada, invenção da sua própria poética.
O resultado é uma música viva, intensa, pulsante e multipolar, com amplas dicotomias sonoras, nas quais o jogo harmónico explora os diferentes registos da instrumentação e da ressonância do espaço, passando de um som reduzido, quase imperceptível, para dimensões orquestrais de espectro sonoro completo.
A par do uso e extensão de um vocabulário multi-referencial, Ernesto Rodrigues utiliza todo o potencial acústico dos seus cordofones, cobrindo zonas escondidas, insuspeitas e improváveis, questionando-se a si próprio enquanto músico ao pôr em causa os fundamentos do paradigma anteriormente definido.
Eduardo Chagas
Photo: Ernesto Rodrigues with Guilherme Rodrigues


Ernesto Rodrigues, responsável pela Editora Creative Sources, tem realizado um trabalho notável na área da improvisação não idiomática. Como músico, é um dos mais sólidos improvisadores portugueses, tendo realizado dezenas de concertos e gravações com músicos nacionais e estrangeiros. Neste concerto conta com a colaboração de dois dos mais destacados praticantes europeus de uma música improvisada nos limites da abstracção. CCB

À ordem do arco do violino que serve de batuta ao Maestro Ernesto, orquestram-se os sons clássicos com os ruídos da electrónica e as percursões várias. De diálogos calmos entre os sopros, a delírios obsessivos, experiências de música e espaço construidas por um laboratório de sons e sensações. Gosto. É daquelas coisas que primeiro estranha-se e depois se entranha. Rendeiro
















Photo: Ernesto Rodrigues with Thorsten Bloedhorn and Nathalie Ponneau

(...) As honras de abertura couberam ao duo formado por Ernesto Rodrigues (viola) e Nuno Torres (saxofone alto). À semelhança do que havíamos presenciado em Julho, ainda que num contexto diferente, estes músicos revelaram uma vez mais níveis de intensidade e cumplicidade verdadeiramente notáveis. A actuação iniciou-se com uma rápida troca de ideias musicais, à qual se seguiu uma exploração das possibilidades acústicas da sala com ambos os músicos a circular livremente sobre o palco, para depois terminar em total consonância, num longo e homofónico drone. Soberbo! João Aleluia (Jazz.pt)














Photo: Ernesto Rodrigues with Helmuth Neumann

Il violinista Ernesto Rodrigues è un tassello chiave nei meccanismi creativi della cità. Fondatore della celebre etichetta Creative Sources, si muove da anni nei territori della sperimentazione, dall’improvvisatione radicale all’elettroacustica. Vanta studi con importanti nomi della musica contemporanea portoghese, collabora regolarmente con una serie di musicisti internazionale (da Alessandro Bosetti a Tetuzi Akiyama, da Keith Rowe a Ingar Zach) e dirige due importanti ensemble (dal 2000 la Variable Geometry Orchestra). Organizza frequentemente eventi e festival ed è una delle personalità più attive della cità. Riccardo Wanke (Blow Up)











Photo: Ernesto Rodrigues with Bill Hsu



[...] Playing with Ernesto Rodrigues, Guillerme Rodrigues and Carlos Santos was about sound - it was “abstract expressionist” to me, which I love. That was like Motherwell, or Franz Kline or Rothko. It requires from me a different relationship with my materials; it’s one of the most important changes in aesthetics that has occurred in the last century, and it still has not been fully assimilated into the culture. [...] Joe Giardullo













Photo: Ernesto Rodrigues with Heiner Metzger and Gregory Büttner




Creative Sources is probably the first label to conjugate mass-production with quality. Despite having reached the enviable number of 100 releases, and several "interested" criticisms by other label owners notwithstanding, Ernesto Rodrigues' activity and constant quest for self-expression has allowed a large number of otherwise scarcely known worthy improvisers to release intriguing documents of mostly non-idiomatic sonic exploration, music whose excellent level is by now demonstrated and confirmed by a worldwide recognisability that has affirmed the Portuguese imprint as a reference name in the new music world.

Massimo Ricci's choice of ten CS records which constitute a good introduction to the label for the newcomer, while also being among the best of its production :

DORSAL – Ernesto Rodrigues, Manuel Mota, Gabriel Paiuk
CAPACIDAD DE PERDIDA – Ruth Barberan
POLLEN – Ute Wassermann, Richard Barrett
THE DUCHESS OF OYSTERVILLE – Chris Forsyth, Nate Wooley
KREIS – Ernesto Rodrigues, Michael Thieke, Guilherme Rodrigues, Carlos Santos
ALUD – Pablo Rega, Alfredo Costa Monteiro
L'ECORCE CHANTE LA FORET – Frederic Blondy, Jean-Sebastien Mariage, Dan Warburton
AGAPE – Martin Kuchen, David Stackenas
KREISEL – Claus Van Bebber, Michael Vorfeld
INTERSECTING A CONE WITH A PLANE – Hans Tammen, Ricardo Arias, Gunter Muller
Massimo Ricci (Expresso)

















Photo: Ernesto Rodrigues with Gail Brand, Abdul Moimeme and Monsieur Trinité


A alegre confusão da Variable Geometry Orchestra
Assistimos aos preparativos e a um concerto de uma orquestra rara no mundo. Nunca ensaia e tem uma formação sempre diferente. Faz “música improvisada contemporânea”, explica o mentor, Ernesto Rodrigues.
Já passam das seis da tarde de sexta-feira, 12 de Outubro, quando os membros da Variable Geometry Orchestra (VGO) começam a preparar o soundcheck na sala 2 da Casa da Música. Chegam em pequenos grupos, com instrumentos às costas e vão-se instalando. A maioria veio de camioneta, meio de transporte adequado para trazer de Lisboa cerca de trinta membros. Um pequeno grupo de músicos é do Porto, que se estreiam nesta orquestra peculiar, sem paralelo em Portugal e rara no mundo. Ao todo, 33 pessoas subiram ao palco da sala 2. Não ensaiaram para o concerto – aliás, a orquestra nunca tem ensaios.
Pensada e comandada por Ernesto Rodrigues, improvisador e compositor experimental com 30 anos de carreira, a VGO faz algo de único: une diferentes expressões das músicas experimentais, do pós-free jazz, à electrónica, à música contemporânea. Não é uma orquestra de free jazz, nem de electrónica (como a MIMEO), mas é tudo isso e mais ao mesmo tempo. Faz “música improvisada contemporânea”, resume Ernesto, em conversa com o Ípsilon na cantina da Casa da Música, uma hora antes de entrar em palco.
“Este é um projecto de uma envergadura quase megalómana e que tem uma certa importância. Reúne a nata da improvisação nacional – nem é a nata: é o leite, é quase tudo”, diz, sem falsas modéstias, o mentor da orquestra, fundada em 2000. Nos anos 70, Ernesto chegou a tocar com José Afonso, Fausto, Sérgio Godinho e Jorge Palma, mas começaria a desenvolver pouco depois a sua paixão por compositores como Ligeti e Stockhausen.
Em cada concerto, a VGO apresenta-se com uma formação e dimensão diferentes (peças de várias actuações estão registadas no triplo “Stills”, disco de estreia da VGO agora editado). Tanto podem ser 15, como 20, como até 40 ou mais. Ernesto é o único membro fixo, mas músicos como o violoncelista Guilherme Rodrigues (filho de Ernesto, com apenas 19 anos) e o baterista José Oliveira têm marcado presença regular nos concertos da orquestra que se tem apresentado sobretudo em salas pequenas como a Galeria Zé dos Bois e a associação Bacalhoeiro, em Lisboa.
Voltemos ao soundcheck. Já passam das oito da noite, a fome começa a apertar. O palco é um rebuliço de sons desordenados, obrigando Ernesto a gritar, de vez em quando, “pouco barulho!”. Nuno Rebelo (ex-Mler Ife Dada, hoje livre improvisador com múltiplos projectos) usa um arco para tocar furtivamente no violoncelo de Guilherme Rodrigues, que retribui o gesto na guitarra eléctrica de Rebelo. Ernesto ri-se: “Podem fazer esse número no concerto”. Nuno e Guilherme cumpriram a sugestão.
“Há uma certa desresponsabilização que é boa se utilizada no sentido de aligeirar”, conta um muito sorridente Nuno Rebelo. Apesar de já estar habituado a tocar na VGO, nunca sabe o nome de toda a gente. “A par disso há uma grande alegria, um prazer muito lúdico de tocar com outros músicos”.
Ao contrário de muita da dita “música contemporânea”, a música da VGO não é sisuda. É lúdica, plena de jogos, é orgia de mil músicas em suspensão, a engolirem-se mais ou menos anarquicamente. Ernesto é o simpático condutor que pede, através de gestos comuns, a determinados músicos que toquem, vigorosa ou calmamente.
Mas os membros são sempre livres de desobedecer. “Se me ignoram, normalmente é mau porque a música fica caótica. Mas já aconteceu. E às vezes sou eu próprio que deixo as coisas fluírem naturalmente, e depois, quando acho que é necessário intervir para dar alguma forma ou para controlar um certo caos, intervenho. Mas tudo isto é muito subjectivo: o que é caótico para mim pode não ser para ti”.
Orquestra elástica
“O que é especial na VGO é o seu carácter não efémero”, diz João Henriques, um dos “infiltrados do Norte” nesta encarnação de uma orquestra “em que há 33 pessoas a criar” e não a seguir uma partitura.
Oriundos de São Francisco, Estados Unidos, John Gruntfest (saxofone alto) e Megan Bierman (saxofone tenor) são outros dos infiltrados da noite. Inicialmente não estavam no cardápio, mas a natureza elástica da orquestra presta-se a estas surpresas. “Viemos fazer um documentário sobre a nossa banda, chamada The Greatest Little Big Band in the History of the Megaverse, em Mértola”, dizem os dois experimentados músicos. Gruntfest (pinta de jazzman veterano, casaco, boné e sapatilhas) dirigiu, entre 1979 e 1982, a Free Music Festival Orchestra de São Francisco, com a qual a VGO partilha semelhanças.
“É bom estarmos em Portugal e ter esta comunidade de músicos a acolher-nos”, confessa Bierman, para quem a integração num grupo tão grande de músicos desconhecidos é simples.
Eduardo Chagas, músico e crítico de jazz, começou a participar na Orquestra de Geometria Variável a convite de Ernesto, depois de ter visto e elogiado concertos da mesma no seu blogue “Jazz e Arredores”. A orquestra “está a funcionar como um viveiro para outros projectos. Recebe e dá”, observa este observador atento da cena experimental portuguesa.
Também Chiara Picotto, italiana fixada em Lisboa, passou de ouvinte da VGO a membro da orquestra. “Foge um bocado à definição de música enquanto coisa melodiosa, com estrutura. O que me fascina é a liberdade. É música elástica, os limites não estão traçados”, dizia antes do soundcheck.
Quatro gerações
Durante o concerto, Chiara cantou o que pareciam ser sons pré-linguagem, enredados no jardim de sons que a orquestra ia produzindo. Outros avistamentos: Ernesto a comandar os naipes (metais, electrónica, percussões, etc.) de um lado para o outro pelo palco e a tocar violino a espaços; um grupo de computadores Apple a gerar electrónica subliminar durante quase todo o concerto, com direito a uma passagem só para eles, sem outros instrumentos; Guilherme Rodrigues a retirar sons da madeira do violoncelo; um saxofonista a transformar-se, por momentos, num cantor; o neozelandês Damian Stewart a fotografar a orquestra onde veio parar por acaso; Abdul Moimême a tocar o seu saxofone tenor fora do palco; crescendos alienígenas em que jazz, electrónica e outras músicas se misturam e digladiam e momentos de quase silêncio ou de destaque de um só instrumento.
Antes, o saxofonista soprano e flautista Jorge Lampreia explicava-nos a “riqueza desta música”: “É música-música”, que vale mais pela “capacidade de audição enquanto se está a tocar” do que pela “técnica dos instrumentistas”. Ernesto Rodrigues: “Isso é uma coisa que está patente nestas novas músicas. É mais importante saber estar do que ser virtuoso. Conheço muita gente que toca muito bem mas se vier tocar aqui só faz asneiras. Há que saber estar, saber gerir o silêncio com o fortíssimo, com os pianos, com os “tuttis”, os solos, as dinâmicas, os andamentos, os timbres – a música é feita disso. A riqueza tímbrica e tudo o resto é o que mais me seduz numa orquestra. É uma panóplia infindável”.
A existência de uma entidade como a VGO assinala a boa saúde das músicas experimentais em Portugal, nomeadamente em Lisboa. A cidade tem vindo a fortalecer um circuito de locais, agentes e público interessado, sendo habitualmente assinalada a força do experimentalismo português por oposição ao da vizinha Espanha. “Stills”, o disco da VGO, é o centésimo da Creative Sources, editora fundada em 1999 por Ernesto Rodrigues que é presença habitual nas páginas de crítica de publicações especializadas como a “The Wire”.
A orquestra é sintoma deste estado de coisas e potencia colaborações entre diferentes gerações de músicos. Já há quatro gerações de experimentalistas em Portugal (Ernesto é da segunda) e todas já participaram na VGO, assinala o mentor do projecto.
Guilherme Rodrigues, filho de Ernesto, é o rosto dessa quarta geração. Não é habitual aos 19 anos um rapaz estar a improvisar com músicos tão reconhecidos, mas Guilherme começou ainda mais novo. Tinha 11 anos quando entrou num disco, improvisando com o pai e José Oliveira. “Desde que nasci, que ‘levo’ com isto em casa”, conta. “Estudo no Conservatório e toco na Orquestra Sinfónica Juvenil, mas gosto muito mais de improvisação livre”. Ernesto conclui: “Esta linguagem é universal. Os arquétipos são os mesmos”.
Pedro Rios (Jornal Público)